Rocca Sanvitale di Fontanellato, una maestosa presenza nel territorio Parmense
La Rocca Sanvitale di Fontanellato raccontata per noi da una critica d’arte Toscana che ha…
La Rocca Sanvitale di Fontanellato raccontata per noi da una critica d’arte Toscana che ha lavorato a lungo nel Regno Unito
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@diCamillaAlderotti
Parmigianino e Boselli, maestranze e pittori alla corte dei Sanvitale
La nota Rocca di San Vitale a Fontanellato, le cui origini risalgono al XII secolo, è visibile quasi improvvisamente. Svoltato l’angolo di via Pigorini di colpo ci si sente proiettati in un’epoca lontana al cospetto della sua maestosa presenza. Per chi è forestiero risulta quasi scioccante credere che un edificio tanto antico si sia conservato così perfettamente. Che abbia attraversato secoli di storia, con le sue mura, le sue torri ed il suo fossato. Sospesa nel tempo, la piazza principale di Fontanellato sembra avere mantenuto gli antichi ritmi grazie alla sua Rocca che, oggi come allora, sebbene con diversa connotazione, rimane il fulcro del paese. I visitatori si avvicendano numerosi al suo ingresso, incuriositi dai tesori artistici di cui il castello è dimora.
Signori dai quali la Rocca prende il suo nome, i Sanvitale, conti di Fontanellato, hanno abitato il castello ininterrottamente per quasi sei secoli e, come ogni famiglia nobile che si rispetti, investirono molto denaro nelle decorazioni pittoriche del castello, chiamando alla propria corte abili maestranze e pittori di notevole fama.
Il Parmigianino e il 1500
La visita ha inizio al pianoterra, area generalmente destinata alla servitù. Per ragioni imprecisate Gian Galeazzo Sanvitale nel XVI secolo volle far decorare quest’area a fresco con motivi vegetali e a grottesca, a simbolo del prestigio e del lusso della famiglia. Le decorazioni della prima sala si presume volessero anticipare il vero gioiello artistico che Fontanellato tutt’oggi custodisce.
Intorno al 1523 giunse infatti al servizio di Galeazzo il coetaneo artista Francesco Mazzuoli, meglio noto come il Parmigianino (Parma 1503 – Casalmaggiore 1540). Al pittore venne chiesto di affrescare una piccola sala (grande poco più di 12 mq). Si tratta dello studio privato della consorte del Conte, Paola Gonzaga.
Negli affreschi il mito e la realtà si fondono straordinariamente. Divengono messaggio di conforto nei confronti della povera Paola, afflitta dalla recente perdita del figlio neonato.
Dà il via al ciclo pittorico un commovente ritratto della stessa Paola Gonzaga. Dove nelle forme delicate e gentili la mano del pittore manierista risulta inconfondibile. Le quattordici lunette elegantemente dipinte raccontano il mito Ovidiano di Diana e Atteone. Il ciclo culmina in una volta nel cui centro, al di là di un roseto. Il Parmigianino ha posto uno specchio ed una scritta in latino che recita “Respice finem”. Vale a dire “la fine è soltanto un nuovo inizio”. Da intendersi quindi che la morte è in definitiva la porta verso la vita eterna.
La visita prosegue al piano terra ed in maniera avvincente. Si svelano così lentamente curiosi aneddoti sulla quotidianità dell’epoca e sulla famiglia. Lungo il cammino si incontra inoltre un preziosissimo teatrino di marionette del XIX secolo appartenuto a Maria Luisa d’Austria. Questo prezioso oggetto è custodito nella torre quadrata, l’area più antica del castello. Infine attende il visitatore una galleria di ritratti, mappe e stampe.
Felice Boselli e il 1600
È al primo piano, il cosiddetto Piano Nobile, che incontriamo un altro noto pittore, che lavorò a lungo per i Sanvitale. Più di un secolo dopo il Parmigianino, giunse infatti alla Rocca, Felice Boselli (Piacenza 1650 – Parma 1732), pittore piacentino noto per le sue nature morte e che operava al servizio di numerosi nobili locali.
Nella Sala da Pranzo le enormi tavole del Boselli mettono in scena tutto quello che si poteva gustare alla tavola dei Sanvitale. Qua vediamo infatti cacciagione, verdure, pesci d’acqua dolce e quant’altro. Gli elementi si accumulano quasi in maniera confusionaria in scenari cupi e soffocanti. Trait d’union e firma dell’artista: il gatto. L’animale domestico appare nella maggior parte dei dipinti del pittore, alle volte nascosto, altre in bella vista. Esso diventa la firma dell’artista il quale si divertiva a giocare col doppio significato del proprio nome.
I dipinti del Boselli dominano quest’area del Castello tornando a più riprese. Prima nella Sala da Biliardo, poi nella Stanza della Musica ed infine nell’ultima sala aperta al pubblico, la Galleria degli Antenati. Sorprenderà notare che negli affreschi del Boselli conservati nella Stanza della Musica, non compare il gatto.
Per finire, degno di nota è il quadro raffigurante una scena di caccia che troviamo su una delle pareti della Sala da Biliardo. Questo è opera di Pier Ilario Spolverini (Parma 1657 – Piacenza 1734), contemporaneo del Boselli, specializzato nella realizzazione di battaglie. Anche in questa rappresentazione tornano quei toni molto cupi, tipici della pittura Seicentesca.
Visite al castello
Il castello è visitabile ogni giorno e vi è la possibilità di scegliere tra due modalità di visita. Esiste un percorso ridotto dedicato alla corte, alla camera ottica ed alle sale del pianterreno. Vi è poi un secondo percorso integrativo. Questo comprende anche il Piano Nobile e accompagna il visitatore in una esaustiva panoramica sulla vita ed il contado dei Sanvitale.