La provincia da riscoprire: due giorni in Val d’Enza tra natura e castelli
Risalire la Val d’Enza per scoprirne, o riscoprirne, il fascino, significa mantenere un piede di qua e uno di là sulle sponde dell’omonimo torrente, tra la provincia di Parma e quella di Reggio Emilia. Nei suoi 93 km di anse e doline, si articolano elementi d’interesse ecologico, storico e turistico di una certa rilevanza. Per non dimenticare le prelibatezze gastronomiche, di cui questa terra è foriera. E così tra un bicchiere di lambrusco, una scaglia di Parmigiano Reggiano e un assaggio di cappelletti o anolini fumanti, si fa in tempo a ristorare lo spirito attraverso l’espolorazione di castelli, rocche e panorami mozzafiato. Pronti ad immergersi nel corso dei secoli, è anche possibile far raffiorare le antiche faide tra Terre Matildiche e Valle dei Cavalieri.
Questo reportage, delineato in un itinerario di due giorni, due province e sei comuni, si propone di valorizzare luoghi, simboli e tracce storiche che rischiano di essere cancellati dalla memoria collettiva. Riprendere possesso del patrimonio che ci circonda significa mantenere vivo il territorio, in questo caso costituto dai Comuni di Montechiarugolo, Traversetolo, Neviano degli Arduini per quanto riguarda la sponda parmense della Val d’Enza; Montecchio, Canossa e Ramiseto per quella reggiana. Il ventaglio di possibilità offerto dalla vallata è pittosto ampio, soprattutto nella stagione estiva, in cui ripararsi dalla canicola può voler dire trascorrere piacevoli ore tra le fresche acque del torrente, percorrere sentieri verdeggianti, inoltrarsi tra le montagne, oppure intrufolarsi tra le stanze di qualche maniero.
Cosa vedere in Val d’Enza – Giorno 1: I Castelli di Montechiarugolo, Montecchio, Canossa e Rossena con tappa a Traversetolo
Il nostro viaggio inizia dove l’Enza addolcisce il suo transito verso il Po, cioè in pianura. Campi dorati e fronde smeraldo fanno da cornice al borgo medioevale di Montechiarugolo, dove svetta l’imponente Castello dalle mura invalicabili. Alte e poderose, le cinta della Rocca custodiscono un ingresso scenografico caratterizzato da un ponte levatoio: un coloratissimo roseto anticipa la vista dell’ampia corte d’onore, ornata da merli e feritoie tipiche del tardo gotico. Svetta sul torrente la torre più alta, che adombra il cortile interno donando un piacevole sollievo nelle giornate più torride; mentre sul retro un raffinato loggiato manieristico si affaccia sulla Val d’Enza. Il Castello di Montechiarugolo – a 20 km da Parma e Reggio Emilia – è di proprietà privata dal 1864, anno in cui fu venduto dallo Stato italiano. Un fatto d’armi che lo riguarda viene citato in una lettera di Napoleone e ricordato da Carducci nella sua orazione per il primo centenario del tricolore.
I barboj di Traversetolo e l’Oasi di Cronovilla
Proseguendo verso Sud-Ovest, lungo la strada provinciale, si raggiunge Traversetolo. Il paesaggio mostra i primi sintomi collinari sullo sfondo, ma prima d’imbattersi nei morbidi declivi della vallata sono d’obbligo alcune tappe. Gli amanti dell’architettura medioevale possono dirigersi a Guardasone ad ammirare il presidio fortificato d’origine trecentesca. Mentre i naturalisti potranno osservare in località Torre uno dei fenomeni geologici più importanti d’Emilia: i barboj, piccoli vulcanelli fangosi dai gorgoglii metaniferi sotteranei. Oppure l’Oasi naturalistica di Cronovilla, sitauta lungo la sponda sinistra dell’Enza, occupa 60 ettari e custodisce una straordinaria ricchezza di Biodiversità: circa 188 specie di uccelli sono state censite al suo interno.
Prima di spostarsi sulla sponda opposta della vallata e cambiare provincia rimangono due visite: La Corte Agresti, sede della biblioteca comunale di Traversetolo, della sala consigliare “Proferio Grossi”, del museo Renato Brozzi e della ludoteca; Villa Magnani, sede della Fondazione Magnani Rocca, in cui è possibile ammirare una collezione privata d’arte antica e moderna.
Un trittico di castelli: Montecchio, Rossena, Canossa
Il tour prosegue con un trittico di castelli sul lato reggiano del torrente: Montecchio, Rossena e Canossa. Il primo, visitabile solo di domenica, svetta al centro del paese ed ha mantenuto l’antico impianto di stampo matildico – una tempo circondato da un fossato, oggi non più presente – con il mastio duecentesco a rubare la scena al resto dell’edificio. Affascinanti i ritrovamenti recenti in seguito a scavi archeologici di un sepolcro carolingio e un piccolo affresco. Addentrandosi lungo la vallata, la vista delle dolci colline dell’Enza viene interrotta qua e là dai rudi calanchi: formazioni geoligiche prodotte dall’erosione del terreno e dal dilavamento dell’acqua.
Photo credits: Andrea Adorni
Proprio da questi solchi brulli scavati nel terreno dalle piogge, affiorano come scogli in mezzo al mare i castelli di Canossa e Rossena. I due edifici fortificati, veri e propri pilastri difensivi del territorio controllato dalla Grancontessa Matilde di Canossa, s’incontrano quasi all’improvviso percorrendo la tortuosa strada che vi conduce. Il Castello di Rossena, vero baluardo difensivo dei possedimenti canossiani, è sicuramente uno dei più suggestivi di tutta l’area: perfettamente conservato, è posto sopra uno sperone vulcanico rossastro (da cui prende il nome) dominante la Val d’Enza. Al visitatore offre panorami incredibili con occasioni fotografiche uniche in tutte le stagioni. Il Castello di Canossa invece era il centro politico della vice regina d’Italia. Oggi purtroppo non si può più ammirare per intero, dal momento in cui rimangono solo fasconosi ruderi a testimonianza di un passato ben più glorioso. La visita è comunque d’obbligo, per godere del fascino antico della storia matildica anche grazie all’ausilio delle preziose guide che accompagnano nel tragitto.
Photo credits: Andrea Adorni Photo credits: Andrea Adorni
Cosa vedere in Val d’Enza – Giorno 2: Il Lago Calamone, il Ventasso e il Monte Fuso
Cambia il giorno e si riparte. Canossa è alle spalle, si riscende la strada che porta a Ciano d’Enza e alla SP513R, provinciale da cui si raggiungono Vetto prima e Ramiseto poi. Durante il percorso è possibile accostare la macchina in punti diversi per raggiungere il torrente Enza ed alleviare i fastidi della calura estiva. Tanti approfittano del generoso alveo in questo periodo dell’anno, rinfrescandosi con un tuffo in un “fondone“, come vengono chiamati da queste parti i punti dove l’acqua è più alta. Se invece si rimane sul percorso è possibile arrivare direttamente a Ramiseto passando per Vetto. Ma prima di giungere a destinazione è necessario effettuare una sosta in località Atticola per ammirare un paesaggio quasi marziano: si tratta dei cosiddetti Canyon dell’Atticola, calanchi ferrosi dai colori decisamente spettacolari.
Photo credits: Andrea Adorni
Il Lago Calamone, la cima del Ventasso e i faggi secolari
Raggiunto Ramiseto gli amanti del treccking e della montagna possono sbizzarrirsi. Primo traguardo, dopo aver lasciato la macchina al parcheggio, è il Lago Calamone, un autentico gioiello posato a 1.300 metri sul livello del mare. Circondato da abeti, faggi secolari e una discreta prateria su cui adagiarsi comodamente, offre opportunità non solo d’estate. In inverno è una buona stazione sciistica attrezzata con cinque percorsi diversificati in base alla difficoltà. Mentre in autunno, quando il bosco sprigiona i colori più intensi ed inizia il foliage, i cercatori di funghi spuntano come giovani miceti.
Dal lago vari percorsi s’insinuano nella montagna: i più tonici affronteranno con un’ora di camminata la salita per raggiungere la cima del Monte Ventasso (1.727 m s.l.m.). Dalla vetta si domina l’intera vallata, offrendo all’escursionista panorami che non si dimenticano facilmente. Prendendo il sentiero con un po’ più di calma è la natura a sorprendere. I faggi secolari accompagnano nella salita assumendo sembianze multiforme ed irriverenti. Altri itinerari permettono di raggiungere torbiere, vette minori circostanti, oppure, con un dislivello di 500 metri, il Rifugio Pratizzano (1.203 m s.l.m.), inserito in una cornice naturale molto pittoresca.
Photo credits: Andrea Adorni
Ultima tappa: il Parco del Monte Fuso
Scesi dal Ventasso è il momento di riprendere il cammino lungo la Val d’Enza ed abbandonare la provincia di Reggio Emilia. Si torna nel parmense. Ultima tappa, il Parco provinciale del Monte Fuso. Comune di Neviano degli Arduini. Da Ramiseto a destinazione, passando per Lagrimone, occorrono circa 40 minuti. Nel parco, che si estende per circa 45 ettari ad un altitudine compresa tra gli 840 e i 960 metri sul livello del mare, è presente un Centro Faunistico che accoglie 60 esemplari tra cervi, daini e mufloni. Gli animali dispongono di un’area recintata molto ampia in cui muoversi, ma sono ben visibili al visitatore.
Nei pressi del centro sono stati realizzati sottorecinti per la custodia a scopo didattico degli animali della biodiversità parmense: Maiale nero di Parma, Pecora Cornigliese e Tacchino di Parma e Piacenza. In corrispondenza del recinto è stato realizzato un percorso didattico dedicato alle scolaresche ed alle comitive in visita al Parco. Ma sono tante e diversificate le attività che questa preziosa area naturalistica offre agli avventori: escursionismo sulla rete CAI, mountain bike con più di 70 km di ciclopista, equitazione, tiro con l’arco tradizionale, orienteering. Per concludere la due giorni in Val d’Enza, magari spostandosi al tramonto, si consiglia di visitare la suggestiva Pieve di Sasso, a soli 5 km dal Parco.