Progetto Itaca di Parma: “La salute mentale è ancora un tabù , ma ci riguarda tutti da vicino” | INTERVISTA
Quando qualcuno si rompe una gamba, nessuno osa dirgli: “Alzati e vai a fare un giro, vedrai che stai meglio“. Quando però una persona soffre di depressione, si sente spesso consigliare di alzarsi dal letto e di fare una passeggiata all’aria aperta, “vedrai che passa“. Il problema più grande legato alle malattie mentali quindi, è che spesso non si vedono. Non sono palesate sul corpo di chi ne soffre e per questo non sembrano così invalidanti come lo sono i problemi prettamente fisici. La salute mentale è ancora e purtroppo un tabù, ma negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante. La pandemia poi, ci ha dimostrato che in fondo ci assomigliamo tutti, e che le malattie mentali sono diffuse tra varie persone di differenti età.
A Parma esiste un’associazione che si pone come interlocutore delle famiglie al cui interno qualcuno convive con una malattia mentale. Si tratta di Progetto Itaca, una realtà nata a Milano più di venti anni fa. Oggi è diffusa in molte città italiane e a Parma è nata nel 2013 su iniziativa di un gruppo di familiari di persone con disagio mentale: da allora offre servizi gratuiti che mirano a fare informazione e orientamento sul tema della salute mentale. “Spesso chi inizia ad avere a che fare con il disagio mentale, viene catapultato in un mondo nuovo all’improvviso. Non si sa cosa fare e come comportarsi. Noi siamo un insieme di volontari che cerca di dare una mano alle famiglie, partendo dal confronto e dal dialogo tra pari“, ci spiega Ilaria Gandolfi, volontaria di Progetto Itaca che ha risposto alle nostre domande.
Ilaria Gandolfi inizia precisando che quando si parla di salute e malattia mentale, “il confine è molto labile”. Non si tratta infatti di una questione di qualità dei pensieri o sentimenti che una persona prova, ma si tratta di quantità: “Tutti abbiamo sbalzi d’umore, pensieri ricorrenti, cose che ci fanno paura; la malattia mentale è quando – parlando da volontaria e non da medico – questi stati d’animo impediscono di avere una vita accettabile“. Si hanno difficoltà a stare con gli altri, ad avere un lavoro costante, a fare le cose più semplici della vita. “Come Progetto Itaca accettiamo qualunque tipo di malattia: la schizofrenia, i disturbi dell’umore, come il bipolarismo, i disturbi della personalità, come borderline, disturbi alimentari, disturbi ossessivo compulsivi“. L’associazione, spiega Ilaria, ha la possibilità di collaborare con il Dipartimento di Salute Mentale, quindi lo staff ha un contatto costante con i medici che curano i soci.
La salute mentale spiegata dal Progetto Itaca, a fianco della comunità parmigiana
Progetto Itaca è una realtà permeata nel tessuto sociale di Parma, e si pone a fianco dei cittadini con diversi interventi e progetti. Come ci spiega Ilaria, i soci organizzano innanzitutto un corso “da famiglia a famiglia”. Si tratta di un corso di informazione e orientamento organizzato da familiari formati per questo scopo: “Questa è la prima porta con cui le persone entrano in associazione, e la conversazione da pari a pari consente di confrontarsi con persone che stanno passando la stessa cosa che si sta passando noi. In questo modo ci si sente compresi“. Ci sono poi anche gruppi di autoaiuto, attraverso cui i soci si supportano a vicenda e si confrontano su diversi aspetti della vita quotidiana. Esiste inoltre anche il Club Itaca, un centro per lo sviluppo dell’autonomia socio-lavorativa delle persone con disturbi della salute mentale.
“Lo chiamiamo ‘club’ perché coinvolge tutti i soci, che diventano tali a mano a mano che conoscono a fanno parte del nostro progetto“, spiega Ilaria. Simile a questo c’è il progetto di Job Stations, un programma attivo anche in altre città d’Italia – e a Parma attivo da poco -, attraverso cui l’associazione si pone come intermediario tra l’azienda che deve assumere persone con disabilità mentale e la persona stessa. “Quando le aziende si trovano a che fare con persone con disturbi del comportamento, per esempio, non sanno come porsi e come aiutare queste persone: noi offriamo dei tutor che si occupano di tutto il processo di assunzione e formazione del personale lavorativo“, precisa la volontaria. Bisogna però precisare, continua Ilaria, che il ruolo di Progetto Itaca non va mai a sostituirsi a quello del medico, perché “i volontari svolgono un intervento di tipo relazionale, tra le persone con disturbi della salute mentale e la quotidianità“.
Da sottolineare infine, ci sono i progetti di prevenzione, che vedono Progetto Itaca andare nelle scuole per svolgere alcune lezioni: “Andiamo in classe insieme a uno psichiatra a parlare di salute mentale e dare alcuni strumenti ad alunni e insegnanti per poter avvertire qualche possibile campanello d’allarme“. Prima si coglie il disturbo infatti, meglio è per la salute e la guarigione della persona. È infatti comune anche tra adolescenti la presenza di vari disturbi, che con la diffusione della pandemia e del conseguente isolamento sociale sono incrementati ulteriormente.
“Parlarne è la prima cosa da fare. Ma attenzione alle parole che si usano”
Un’associazione come Progetto Itaca si pone a fianco della comunità parmigiana, per far loro conoscere le realtà di chi soffre di disturbi della salute mentale. Una serie di eventi per esempio sono stati organizzati lo scorso 8 ottobre al Palazzo del Governatore, in occasione della Giornata della Salute Mentale, dando visibilità e voce a un argomento ancora oscuro a molti. Ilaria Gandolfi spiega infatti che la prima cosa da fare per sconfiggere i tabù sulle malattie mentali è parlarne molto: “Dare voce, visibilità, spazio alle famiglie e alle persone con disturbi mentali è fondamentale per inserire il discorso nell’opinione pubblica. Parlare di salute mentale aiuta a capirla meglio, e anche a capire che è un fenomeno che riguarda tutti, come il Covid ci ha dimostrato“.
Per farlo però bisogna essere scrupolosi e fare molta attenzione alle parole che usiamo. Come spiega la volontaria infatti, non bisogna arrivare a parlare di malattie mentali quando succede un fatto estremo. Bisogna piuttosto parlare del disturbo dall’origine e in base alla sua evoluzione nella persona: “È sbagliato stigmatizzare le persone con disturbi mentali e far coincidere l’identità della persona con la sua malattia. Non dobbiamo dire ‘è bipolare’, ma ‘soffre di disturbo bipolare’“. Continua aggiungendo: “Spesso poi si pensa che le persone con disturbi mentali siano violente e pericolose. Al contrario i dati dimostrano che più spesso le persone con problemi di salute mentale sono vittime di violenza o bullismo, e non artefici“. La comunicazione di massa e l’informazione giornalistica hanno in questa misura un ruolo cruciale nella formazione del pensiero dei cittadini.
In particolare esiste come punto di riferimento il codice etico della Carta di Trieste, documento che voleva essere uno strumento dettagliato per i giornalisti sulle notizie relative a cittadini con disturbi della salute mentale. Stilata nel 2009, la carta è stata scritta su iniziativa di una lettera di Madia Marangi, che commentando un servizio giornalistico a cui aveva assistito, ha invitato la comunità giornalistica a interrogarsi sulla metodologia con cui trattare l’argomento dei disturbi mentali. Ancora oggi il testo rimane una proposta, anche se il Nuovo testo unico dei doveri del giornalista, entrato in vigore a inizio 2021, fa suoi alcuni principi generali della Carta di Trieste. “Noi siamo fatti di parole e le parole costituiscono la realtà – commenta Gandolfi -, trovare il modo giusto di comunicare un determinato tema è fondamentale per farlo conoscere e rispettare“.
La volontaria conclude poi affermando: “Il modo con in una persona disabile vive una vita accettabile è dovuto al modo con cui le altre persone vi si rapportano. Se prendiamo ad esempio la Sindrome di Down, possiamo vedere quanto è cambiata la qualità della vita di queste persone negli ultimi anni. La malattia è rimasta in realtà uguale. A essersi evoluto è il modo con cui la comunità si è relazionata con queste persone. Capire che scivolare nei disturbi della salute mentale è molto breve, e che il tema va conosciuto perché ci riguarda tutti, è il primo passo per convivere con le persone che soffrono di questi disturbi e avviare una cooperazione con loro per far stare tutti meglio“.