Meno “biodiversi”, ma più curati: si può?

La provocazione: per tutelare la biodiversità, bisogna smettere di prendersi cura degli spazi pubblici?

Editoriale (1)

Il Parco Ducale è uno dei polmoni verdi della nostra Città: un luogo che racchiude storia, tradizioni. Un luogo che è il cuore di molti parmigiani. Lunedì, complice lo smaltimento dei pranzi pasquali, ho fatto una passeggiata pomeridiana in Giardino: ci vado spesso, ma quasi sempre nel tardo pomeriggio e – complice il buio di questi mesi invernali appena conclusi – non mi è mai capitato di osservare a fondo. Quando ero piccola, come molti, ci andavo tutti i pomeriggi: un giro sui “grilli”, poi il trenino, le giostre, le “molli”. Era una perla.

Oggi a chiamare Parma la “piccola Parigi” ci vuole effettivamente una buona dose di coraggio. Torno alla cronistoria del pomeriggio di lunedì. Sono entrata da Via dei Farnese e già all’accoglienza trovi i soliti gruppi di stranieri intenti al bivacco: ma – ormai – ci siamo abituati e andiamo avanti. Qualche settimana fa, sempre camminando nel parco, avevo notato un cartello con la scritta “Area a sfalcio ridotto” e documentandomi sui social del Comune era emerso che si trattava di cartelli “che indicano un’area a sfalcio ridotto, dove i passaggi sono appena meno frequenti per garantire condizioni favorevoli alla tutela della biodiversità e consentire una fioritura completa a vantaggio degli insetti impollinatori”. “Va bene“- mi sono detta – “un pezzetto di prato ci sta“, apprezzando di fatto l’iniziativa. Eppure quel cartello me lo ricordavo nell’area a fianco al Palazzo Ducale, non prima.

Effettivamente il cartello era lì, ma lo sfalcio ridotto pare essere in tutto il Parco, in barba al cartello. Tra qualche settimana, se la primavera farà davvero capolino, nelle aree verdi del Giardino più che gli insetti impollinatori, ci troviamo le zecche. Ho proseguito il giro, notando che – anche nelle aree interne – l’erba è sempre molto alta. “Sarà colpa delle piogge“, ho pensato. Nel continuare la camminata ho però riflettuto sul fatto che sì, può piovere e quindi l’erba cresce di più, ma una Città che ha cura di se stessa se l’erba cresce più del previsto, la taglia una volta in più. Quello che stiamo presentando a cittadini e turisti in questi giorni, non è un Parco degno di Parma: se la cura di una Città non passa dalle piccole cose, dagli sfalci, dalla cura delle aree verdi, dei giardini, delle strade, delle fioriere, come possiamo pensare in grande?

Mettiamoci nei panni di un turista che sulla guida di Parma trova la bellissima descrizione del Parco Ducale (ad esempio, quella che trovate a questo link) e viene a passeggiare immaginando di trovare un bellissimo giardino “alla francese”. E si ritrova questo:

C’è poi da sperare che a quel turista non venga la malaugurata idea di attraversare i viali interni, ridotti ad un pantano quasi impraticabile. In questo caso, la colpa alle piogge è più che lecita ed effettivamente non è una cosa facilmente risolvibile con un’adeguata manutenzione: si tratta più che altro di una progettazione non proprio che – fin dalla ristrutturazione – ha dato sempre problemi. Non bisogna meravigliarsi se poi questi anfratti interni, spesso non raggiungibili diventano luoghi “oscuri” di spaccio e delinquenza. Altra anomalia sono le fontane. Complice il Prosciutto assai salato del pranzo di Pasquetta, mi sono messa alla ricerca di una fontana; ne ricordavo due, con certezza: la prima nel viale che conduce al Palazzo Ducale, entrando da Via dei Farnese, la seconda nel viale centrale. Le fontane ci sono: l’acqua no. Sarà ancora chiusa per timore di eventuali gelate?

Ultima curiosità, il Palazzetto Eucherio Sanvitale. Da circa un anno è in ristrutturazione. Data fine lavori prevista il 1 febbraio 2025: ho cercato qualche aggiornamento, ma non ho trovato comunicazioni ufficiali in merito. Procedono, invece, i lavori alla Peschiera: sarebbe bellissimo se, una volta riaperta e messa in funzione, si riuscisse nell’impresa (ardua?) di tenerla curata, pulita, funzionante. Chissà… Nel frattempo, magari, proviamo ad essere un po’ meno ‘biodiversi’ e un po’ più curati. Parma lo merita.

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