Lupo Conservazione

Dall’antica favola di Cappuccetto Rosso, la figura del lupo si è intrecciata spesso con la storia e la memoria collettiva umana. A volte nel ruolo dell’antagonista, altre in quello di aiutante, questa creatura ha assunto da secoli un’aura di mistero e romanticismo – l’immagine di un animale affascinante per il quale risulta difficile non provare rispetto e, a causa della sua vicinanza biologica al migliore amico dell’uomo, empatia. Come influisce questo immaginario sulle pratiche di conservazione del lupo?

Narrazioni problematiche e ignavia gestionale

L’abitudine alla romanticizzazione di questa creatura selvaggia ha portato all’estremo pratiche di disinformazione culturale e mediatica in relazione ai temi della predazione dei lupi e i pericoli legati alla sovrappopolazione e lo sviluppo di eccessiva confidenza dimostrata da questi animali nell’approcciarsi all’uomo. I dati e le notizie relativi a casi di predazione vengono spesso presentati con pressappochismo, le istituzioni e gli organi competenti faticano a gestire la tematica e la discussione su un argomento tanto delicato e urgente si trasforma spesso in una lotta faziosa tra sostenitori di un eccessivo e violento antropocentrismo e paladini della rivoluzione ecoterrorista.

Secondo il conservazionista di Ass. Wilderness Italia Spartaco Gippoliti, l’Unione Europea non aggiorna con sufficiente costanza le liste di classificazione delle specie minacciate e questo complica l’attività di conservazione e l’elargizione di fondi appropriati alle singole cause. Il lupo, definito a rischio estinzione negli anni ’70, non è più considerabile specie minacciata nel territorio italiano e raggiunge il numero di 3.307 esemplari – una crescita esponenziale che ha portato dal 1971 al 2021 un aumento di lupi del 3.300%. Con l’accrescimento della popolazione di questi animali sono progressivamente aumentati gli attacchi a persone, animali domestici e bestiame – accompagnato da un costante indebolimento del sentimento di paura nel lupo nei confronti dell’uomo.

Animalisti e ruralisti – un dibattito infiammato

Secondo i dati rilevati dallo studio pubblicato da ISPRA relativo al periodo 2015-2019 il numero di eventi di predazione accertati su capi di bestiame è passato dai 3.325 del 2015 ai 4.107 del 2019, con un aumento del 23,5%. Dati così preoccupanti e casi come quelli della lupa di Vasto e il lupo di Otranto dovrebbero stimolare un confronto costruttivo tra animalisti, ambientalisti e ruralisti che porti a un compromesso etico e sostenibile in grado di conciliare le necessità dell’uomo con la salvaguardia della biodiversità. Un simile dialogo è raramente raggiunto a causa della difficoltà per entrambe le fazioni di comprendere il punto di vista altrui e le differenze e conseguenze geopolitiche, economiche e socioculturali che innervano tematiche delicate come questa. I toni impiegati sono spesso aspri, canzonatori, accusatori e improntati sulla dicotomia noi vs. loro e ogni complessità valoriale risulta generalmente ipersemplificata.

Lo zoologo Giuliano Milana osserva, nel suo studio BallE coi lupi, un inasprimento dello scontro tra due fazioni: “la minoranza di Campagna considerata una umanità imperfetta, arretrata, attaccata ad interessi particolari e la massa “critica” urbana dedita allo svago impegnato nella “natura sacra”, considerata per questo illuminata da pensieri edificanti, erudita, animata dal gusto per il bello ma dall’approccio neocoloniale e, non infrequentemente, razzista nei confronti dell’altra fazione“. La distanza fisica tra i soggetti e la vicinanza o meno ai territori più colpiti dalla problematica della predazione dei lupi hanno un considerevole e non trascurabile impatto sulla percezione dei fatti e la propria visione della realtà.

La conservazione compassionevole del lupo e i suoi rischi

La gestione compassionevole della fauna, incentrata sul pensiero che l’empatia nei confronti di tutti gli individui senzienti dovrebbe essere ciò che ci guida nei processi di conservazione, è – secondo molti conservazionisti – impraticabile e pericolosa per lo sviluppo e preservazione delle specie selvatiche, degli ecosistemi, della biodiversità e degli esseri umani. L’ecologa comportamentale Andrea S. Griffin afferma nella ricerca “Compassionate Conservation Clashes With Conservation Biology” che il focus della conservazione compassionevole sull’empatia “è soggetto a bias significativi e che l’inflessibile aderenza a leggi morali può portare all’approccio del ‘non fare nulla “.

Questa disciplina, in pieno contrasto con la conservazione tradizionale il cui obiettivo è la salvaguardia delle specie e non del singolo individuo, innerva spesso l’opinione animalista su dibattiti come quello della conservazione del lupo e ha avuto un profondo impatto anche sulla gestione istituzionale della problematica stessa. Come osservato in precedenza, la questione della predazione dei lupi necessita urgentemente di maggiore attenzione per elaborare risposte efficienti e concrete all’emergenza – a proposito Giuliano Milana sostiene che “l‘ignavia gestionale produce comunque effetti gestionali: ‘eviti di gestire i lupi, i pastori abbandonano la montagna, la montagna cambia aspetto e ti ritrovi qualcosa di diverso, diverso anche da quello che probabilmente avresti voluto e dovuto conservare“.

© riproduzione riservata