Siamo giunti all’ultima tappa della storia delle acque che scorrono dall’Appennino alla pianura Padana, passando per Parma e per la sua Provincia. La necessità di far prendere un po’ di spazio ai torrenti principali della zona nasce proprio dal periodo che stiamo attraversando: mesi di siccità, torrenti in secca, il Po svuotato che ha messo in crisi persone, agricoltura, economia, il cambiamento climatico che non è più timore per il futuro, ma cruda realtà. Dopo il magazine estivo dedicato interamente al Grande Fiume, abbiamo cercato di andare a fondo nello scoprire e nello studiare chi il Grande Fiume lo alimenta. Abbiamo inizialmente parlato della Parma, che taglia il centro città, e del suo affluente Baganza; poi siamo andati ad est, verso il confine con Reggio Emilia, tuffandosi nell’Enza e nel suo affluente Cedra. Infine ci siamo spostati verso ovest, al confine con la Liguria, parlando del Taro. Adesso bisogna aprire l’ultimo capitolo di questo viaggio, per gettare una lente sul fiume gemello del Taro: il fiume Ceno.
Il Ceno scorre interamente nella provincia di Parma, anche se nasce dalle pendici settentrionali del Monte Penna, che fa parte dell’Appennino Ligure. Siamo a quota 1600 m sul livello del mare e la sua sorgente è direttamente opposta, sul versante opposto del monte, rispetto a quella del Taro. Nel suo primo tratto riceve le acque di alcuni ruscelli del bosco del monte Penna e scorre in una piccola valle alberata, in cui si trovano anche radure e piccole cittadine abitate. Quando il Ceno raggiunge Anzola, riceve uno dei suoi principali affluenti, il torrente Anzola appunto, che scende dal Monte Maggiorasca, a più di 1800 m slm, punto più alto dell’intero bacino idrografico del fiume Ceno. Il Ceno bagna anche Nociveglia e Fontanachiosa, oltre a Masanti di sotto, dopo di che riceve molti altri affluenti che arricchiscono al sua portata.
Dopo la confluenza con il Lecca il suo alveo è particolarmente ciottoloso e il suo letto diventa anche più ampio. Dopo aver bagnato Bardi, il Ceno riceve altri rii e lambisce anche Varsi. A questo punto il suo tratto è caratterizzato da rapide dette dei “Groppi”. Dopo 63 km e un letto sempre più ampio, nei pressi di Fornovo incontra il Taro: qui i due torrenti, nati dai versanti opposti dello stesso monte, si incontrano, ed è poi il Taro che continua a scorrere verso nord per gettarsi del Po.
La leggenda dei fiumi Taro e Ceno
Non è un caso che i due fiumi, Taro e Ceno, siano chiamati gemelli. Esiste infatti una leggenda che ripercorre le origini dei due corsi d’acqua e trova una spiegazione ai loro percorsi. Si dice infatti che i due, entrambi nati dal Monte Penna e quindi fratelli, volessero fare una gara, sfidandosi per dimostrare la propria forza e grandezza. Decisero così di correre verso la pianura: chi fosse arrivato prima sarebbe stato considerato il fiume principale della valle. Il Taro però, conscio della grande forza e velocità del Ceno, partì nella notte senza aspettare l’alba come prestabilito. Quando il Ceno si rese conto dell’inganno partì a gran velocità, raccogliendo tutti i ruscelli della zona. Il fiume Taro tuttavia, arrivò comunque prima a Fornovo, e a questo punto al Ceno non restò che ammettere la sconfitta e tuffarsi nelle acque del fratello. Nascendo infatti dalla stessa vetta “madre” è a Fornovo che i due torrenti si incontrano per proseguire insieme il loro tragitto.

Al di là della leggenda, è assolutamente vero che il Ceno raccoglie moltissimi affluenti nella sua valle. Il torrente e le varie acque che vi confluiscono offrono quindi molti luoghi idilliaci. A Varsi ad esempio, dopo il Ponte Vetrione, si trova una bellissima piscina naturale, dalle acque fresche, per un bel bagno tra il verde. Così come anche prima del borgo di Viazzano si trova un accesso al fiume, con altrettante acque cristalline. Il luogo più suggestivo forse, è però quello delle cascate di Masanti di sotto, frazione di Bedonia, un luogo color smeraldo, fra le attrazioni più belle di tutto l’Appennino parmense.