Franco Maria Ricci: “La mia vita fra l’arte, Parma e la passione per i labirinti” | INTERVISTA
Franco Maria Ricci ha fondato negli anni ’60 la FMR, celebre casa editrice di Parma; ci ha raccontato alcuni aneddoti della sua vita e la passione per i labirinti: nel 2015 inaugura quello di Fontanellato
Franco Maria Ricci ha fondato negli anni ’60 la FMR, celebre casa editrice di Parma; ci ha raccontato alcuni aneddoti della sua vita e la passione per i labirinti: nel 2015 inaugura quello di Fontanellato
FONTANELLATO | A pochi giorni dal suo 80esimo compleanno (2 dicembre) abbiamo intervistato Franco Maria Ricci, celebre editore e designer italiano nato a Parma nel 1937. Ricci, che nel 1965 fonda la FMR, importante casa editrice con sede nella Città Ducale, ha ripercorso alcune tappe della sua carriera rivelando importanti aneddoti legati alla collaborazione con rilevanti personalità del panorama artistico nazionale e internazionale.
Tanti intellettuali hanno gravitato intorno all’editore parmigiano, da Jorge Luis Borges a Umberto Eco, da Cesare Zavattini a Italo Calvino, per citarne alcuni. E pensare che Ricci entrò quasi per scherzo nel mondo dell’editoria, riportando alle stampe il Manuale Topografico di Giambattista Bodoni, Direttore della Stamperia Ducale di Parma al termine del ‘700. Il grande successo che scaturì dall’iniziativa convinse il parmigiano a proseguire nel suo percorso, portando la rivista FMR ad essere tra le più seguite e riconosciute del panorama nazionale ed europeo. I lettori di Franco Maria Ricci hanno potuto scoprire e apprezzare in modo traversale luoghi d’arte nascosti, sorprendenti e curiosi attraverso un mezzo innovativo e dettagliato.
Nel 2005 avvia una collaborazione con l’architetto Pier Carlo Bontempi per la costruzione di quello che Ricci ha sempre definito “un sogno”: il Labirinto della Masone di Fontanellato, il più grande del mondo nel suo genere. Note, infatti, è la passione dell’editore parmigiano per questo tipo di costruzioni, le cui origini sono da ricercare nell’antichità classica. “Il mio progetto ha coagulato esperienze, speranze, emozioni e pensieri“, ci ha spiegato. Nel 2015 la realizzazione, con piante di bambù di diverse specie a fare da cornice e divisorio fra il dedalo di vie di cui è costituito il labirinto. “l’ho costruito utilizzando questa pianta per il grande fascino che possiede e perché la rapidità con cui cresce mi avrebbe di certo permesso di vederlo realizzato“, ha puntualizzato durante l’intervista.
Da geologo ad artista. Quando è avvenuto il cambiamento e cosa l’ha spinta a cambiar rotta nel suo percorso professionale?
Tornato da un viaggio in medio oriente, un apprendistato in una compagnia petrolifera, fui coinvolto da alcuni amici nell’organizzazione del Festival del Teatro Universitario. Erano gli anni 60, partecipavano al Festival tutte le università europee: Praga, Parigi, Lisbona, ecc. I miei amici vollero che mi occupassi della pubblicità e dell’immagine del Teatro e io lo feci. Ma il vero punto di svolta fu nel 1963. Occupandomi di grafica e di tipografia e abitando a Parma, l’incontro con l’opera di Bodoni fu inevitabile e fu un vero e proprio colpo di fulmine. All’inaugurazione del Museo Bodoniano ebbi l’occasione di vedere il Manuale Tipografico, e proprio in quell’occasione decisi di ristamparlo, intraprendendo così la carriera di editore.
Nel 1965 fonda a Parma la FMR, casa editrice che pubblica edizioni d’arte e letterarie di pregio. Alcune opere pubblicate hanno visto la collaborazione di Jorge Luis Borges. In che modo è entrato in contatto con questo scrittore per una collaborazione?
Nel 1973 decisi di fare la conoscenza di Borges. Era un mito per me, al punto che, fino a quel momento, non osavo annoverarlo tra i miei autori. Incontrai Maria Esther Vàsquez amica e collaboratrice di Borges, e grazie a lei un giorno dell’inverno 1974, entrai alla Biblioteca Nazionale di Buenos Aires, che lui dirigeva. Elegante, vestito con una camicia bianca, mi aspettava sotto la cupola della sala di lettura. Non appena gli dissero che l’editore di Milano era arrivato, mi venne incontro recitando Dante: “Tu duca, tu signore”. Sul momento pensai che fosse una cortesia dedicata ad un ospite italiano, o che forse sapesse a memoria solo quel verso della Divina Commedia. In seguito scoprii che la ricordava tutta a memoria.
Borges, al momento del nostro primo incontro fu estremamente sorpreso: lo avevo invitato a passare alcuni mesi in Italia e a lavorare per me. In seguito fu mio ospite a più riprese Borges sia a Milano sia a Fontanellato. Oltre che suo giovane editore, ero per lui un amico; le traiettorie che i suoi passi esitanti di cieco disegnavano, in spazi che per me erano facili e familiari, mi facevano pensare alle incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi. Fu passeggiando nel campo dove oggi sorge il mio labirinto che gli proposi di dirigere per la mia casa editrice una collana di narrativa fantastica. Nacquero così La biblioteca di Babele, I segni dell’uomo, Morgana e La Biblioteca blu.
Lei è un artista a 360 gradi. Quali sono stati i passaggi che l’hanno vista prima progettista di marchi e manifesti, poi studioso di Giambattista Bodoni?
Ho esordito da editore nel 1963 con la ristampa del Manuale Tipografico di Giambattista Bodoni. Importante per me, sempre nel segno di Bodoni, fu la ristampa dell’Oratio Dominica; mentre Impresa gigantesca per le modeste dimensioni della casa editrice è stata certamente la ristampa dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, 18 volumi in tutto, 12 di tavole e 5 volumi di testi selezionati da un comitato di grandi studiosi dell’Illuminismo.
Sicuramente il progetto che ha però dato maggior fama alla casa editrice è la rivista FMR, pubblicata per più di 20 anni in quattro lingue – italiano, francese, inglese, spagnolo (e, per qualche anno, in anche in tedesco). Era una formula nuova, una rivista d’arte che mostrava bellezze spesso nascoste, curiose, sorprendenti, attraverso grandi foto, particolari, senza gossip o riferimenti all’attualità, salvo recensioni di mostre scelte con attenzione. Copertina nera, immagine scontornata, caratteri rigorosamente bodoniani: la rivista FMR era riconoscibile ovunque.
Con il nuovo millennio, all’età in cui normalmente si va in pensione continuavo ad avere progetti: accanto al sogno del Labirinto nacque quello di un Museo-Biblioteca dove esporre tanto i libri creati da me quanto gli oggetti riuniti durante tutta una vita di collezionista d’arte e di bibliofilo. Decisi infine che Museo, Biblioteca, Labirinto, e altro ancora, potevano e dovevano diventare una cosa sola.
Lei ha più volte detto che la scelta di costruire un labirinto – tra l’altro il più grande al mondo – è stata dettata dalla sua passione per questo tipo di elemento, antichissimo ma sempre moderno e adattato a svariati contesti. E quindi, in che modo i labirinti l’affascinano?
Per quanto mi riguarda credo che il fascino che esercitano su di me sia nato da incontri, in particolare con scrittori come Borges, Calvino, Eco, con cui ho avuto la fortuna di lavorare e che hanno spesso impiegato, o addirittura inventato, labirinti per i loro racconti; ma anche da esperienze, da emozioni, da pensieri che, a un certo punto, sono confluiti e si sono coagulati in un progetto. Il labirinto è presente in tutte le epoche, ed è stato un simbolo sacro e laico, dal labirinto greco e romano, temibile simbolo del potere, al labirinto medievale, simbolo di fede, ai giocosi e intricati giardini settecenteschi, ai labirinti presenti nei siti sacri indiani e orientali.
Il labirinto della Masone contiene 200 mila piante di bambù. Perché la scelta di questa pianta?
In Italia il bambù è una pianta poco conosciuta e poco usata; al massimo si sa qualcosa di una sola specie, la Phyllostachys aurea, spesso confusa con le canne. È un peccato perché si tratta di una pianta fantastica, che non ha malattie, non si spoglia d’inverno, purifica l’aria dall’anidride carbonica come da Protocollo di Kyoto e non provoca disastri; per di più, la sua eleganza non è meno classica e impeccabile di quella dei caratteri di Bodoni. Mi sono innamorato di questa pianta già dagli anni Ottanta, così, inizialmente, pensai di adornare con alcune specie il parco che circonda la mia casa di campagna, a Fontanellato. Fu un esperimento felice.
Sorvegliando la crescita delle mie piante, potevo constatare quotidianamente come il bambù si trovasse a casa sua, si sentisse a suo agio. Inoltre col bambù potevo nutrire la ragionevole speranza di vedere le piante del mio labirinto raggiungere l’altezza giusta, mentre, se avessi adoperato altre essenze, le probabilità sarebbero state minori.