Il cerchio della vita torna ad emozionare con “Mufasa – Il re leone”
Finalmente scopriamo l’emozionante storia di uno dei personaggi Disney più celebri: Mufasa, il re leone

Il 19 dicembre 2024 è uscito in tutte le sale cinematografiche italiane l’attesissimo film Disney “Mufasa: Il re leone”, allo stesso tempo prequel e sequel del film live action “Il re leone” uscito nel 2019 e basato sul classico immortale del 1994. La realizzazione del prequel era stata già annunciata nel 2020, appena dopo il grande successo del film del 2019, e da quel momento il pubblico, dai più grandi ai più piccoli, non ha fatto altro che attendere con ansia l’uscita del film.
Un background immortale: “Il re leone”
L’intero universo di “Mufasa”, nonché de “Il re leone” del 2019, prende le mosse dal 32° Classico Disney uscito nel 1994 e distribuito da Walt Disney Pictures, “Il re leone”. La regia è stata quella di Roger Allers e Rob Minkoff, che hanno portato in scena quella che ben presto sarebbe diventata la storia più emozionante di tutti i tempi: siamo in Africa, sulla Rupe dei Re, dove il giovane leone Simba viene messo al corrente che dopo suo padre Mufasa dovrà prendere il suo posto come re. Ben presto, però, il piccolo si troverà ad affrontare le trame di suo zio Scar e soprattutto la morte, per mano di quest’ultimo, del padre.
Il film ha avuto un successo straordinario, divenendo presto l’undicesimo film d’animazione con maggiore incasso, con le musiche straordinarie di Hans Zimmer e i testi di Tim Rice ed Elton John. Tutto del film sembrò investire gli spettatori, motivo per il quale erano in moltissimi ad attendere una riproposizione della storia in tempi più attuali.
“Mufasa”, da dove tutto ha inizio
Se il primo film si è concentrato sulla storia del piccolo Simba, quello del 2024 si propone di approfondire la storia, invece, del grande Mufasa, padre di Simba e fratello di Scar (nel film Taka). Il film ha visto la regia del premio Oscar Barry Jenkins e le musiche di Dave Metzger, con le canzoni firmate da Lin-Manuel Miranda e Mark Mancina.
La pellicola si apre presentando subito Kiara, la leoncina che Simba e Nala hanno avuto, e che diventa l’espediente per introdurre la storia del nonno Mufasa, che le sarà raccontata da Rafiki e dagli immancabili Timon e Pumbaa. La narrazione avviene tramite flashback, e già dal primo la commozione è palpabile: viene mostrato l’amorevole rapporto che Mufasa aveva con i suoi genitori, da cui era stato brutalmente separato a causa dello straripamento di un fiume. Per i più nostalgici e amanti del cartone Disney la situazione ha potuto richiamare la straziante scena della morte di Mufasa del primo film, contribuendo a creare una dose di emozione non indifferente.
Da questo momento in avanti viene presentato il secondo protagonista di questa storia, Taka (che diventerà Scar), che Mufasa ha incontrato dopo aver vagato per alcuni giorni. I due hanno avuto un’alchimia immediata, enfatizzata dal brano “Voglio da sempre un fratello”, e dopo una prima accoglienza abbastanza burrascosa nella famiglia di Taka, si sono trovati costretti a fuggire insieme, ormai fratelli, e a sviluppare sempre di più il loro rapporto; nel loro viaggio incontreranno la leonessa Sarabi, per cui nutriranno entrambi sentimenti, e che costituirà il movente dell’ostilità di Taka verso Mufasa. Proprio qui si svela la radice della malvagità di Scar, nome acquisito da Taka a seguito di uno degli scontri finali del film, che diventerà il celebre e subdolo antagonista di Mufasa nel capolavoro del 1994.
Accoglienza incerta ma valori molto profondi
L’uscita di “Mufasa”, per quanto molto attesa, ha destato diverse critiche e pareri, legati principalmente alla scrittura della storia e alla sua resa scenica. Alcuni sostengono che le scene si susseguono molto in fretta e che non si dia allo spettatore il tempo di comprendere bene quello che sta accadendo, altri sottolineano un utilizzo della tecnica CGI troppo irrealistico.
Molto probabilmente parte del dissenso nei confronti del film è anche dovuto ad un continuo parallelismo con il primo capolavoro del 1994, che, come tale, forse non potrà mai avere eguali. Ma certo è che i valori trasmessi da “Mufasa” funzionano a 360 gradi e fanno decisamente commuovere: partendo da cosa significa l’amore all’interno di una famiglia, passando per l’inclusione del “diverso” e dell’estraneo, arrivando, poi, al concetto di “famiglia” che non necessariamente ha bisogno di legami di sangue. Ultimo punto, ma non per importanza, è quello dei conflitti interiori che si possono generare all’interno di un nucleo familiare, che spesso sono molto dolorosi e ci segnano profondamente.
Insomma, nonostante le controversie, “Mufasa” si presta molto bene al pubblico e soprattutto fa luce su una storia che per molto tempo la maggior parte di noi è stata curiosa di scoprire.