Parma, l’Associazione in ricordo di Tommy: “Vogliamo portare felicità ad altri bambini”

La giornata di oggi, 2 marzo 2023, segna i diciassette anni da quella terribile notte…

La giornata di oggi, 2 marzo 2023, segna i diciassette anni da quella terribile notte del 2006, quando due uomini incappucciati rapirono il piccolo Tommaso Onofri, di appena 18 mesi. Lo scorso 27 gennaio, d’altro canto, si è celebrato il sedicesimo anniversario della fondazione dell’Associazione “Tommy nel Cuore”, avvenuta nel 2007 per volontà dei genitori del bambino, Paola e Paolo. Per l’occasione, abbiamo intervistato proprio Paola Pellinghelli, che ha accettato di condividere con noi la propria esperienza e raccontarci la realtà dell’Associazione, di cui è Presidente. Abbiamo così raccolto il suo messaggio di speranza, secondo cui piuttosto che abbandonarsi alla rabbia o all’odio occorre imparare a “tirare fuori tutto il buono che c’è anche dalle vicende più tragiche“.

Per iniziare, può illustrarci di che cosa si occupa concretamente l’Associazione “Tommy nel Cuore” e come si sia evoluta in tutti questi anni?

L’Associazione Tommy nel Cuore si occupa essenzialmente di infanzia, in quanto Tommy è rimasto bambino.  È un’associazione piccola ma che secondo noi ha fatto e può fare tanto.

Originariamente, l’Associazione era partita con l’obiettivo di aiutare i singoli, ma ci siamo presto resi conto che assistere una persona singola è molto difficile, perché spesso si corre il rischio di incappare in individui che se ne approfittano. Avendo capito che non fosse quella la strada da percorrere, ci siamo buttati sull’aiuto collettivo facendo sentire la nostra presenza sul territorio. Tra diverse segnalazioni e richieste abbiamo collaborato nel nostro piccolo con la Caritas diocesana, con la scuola elementare di San Prospero, con l’Associazione di Promozione Sociale “Il Filodijuta”, nonché con la Croce Rossa di Parma e l’Assistenza Pubblica. La nostra Associazione si fonda sul contributo di volontari, che ogni anno versano una quota che ci permette di adempiere ai nostri piccoli e grandi progetti.

Tra questi ricordiamo l’acquisto di un’ambulanza pediatrica donata alla Croce Rossa, e di un nuovo pulmino per il trasporto di persone affette da disabilità per la Pubblica, entrambi dedicati a Tommy. Inoltre, insieme a “Il Filodijuta” abbiamo intitolato a Tommy una scuola materna a Pankhali, in Bangladesh, che noi sostenevamo anche e soprattutto grazie alla “Corsa di Tommy”. Quest’ultima poi era un evento davvero molto sentito, tanto che ancora oggi in moltissimi mi chiedono notizie a riguardo, nonostante non siamo più riusciti ad organizzarlo a causa della pandemia.

Vi sono poi altre occasioni per raccogliere fondi, come pranzi, recite e festività, come quella di Santa Lucia, per la quale lo scorso anno abbiamo acquistato colori e materiale scolastico per la Caritas, mentre quest’anno ci siamo concentrati su cuffie e sciarpe. Infine, come detto, contiamo sul contributo annuale degli associati, che a dirla tutta non sono tantissimi, e per la maggior parte fuori Parma. Quando possibile, dove vediamo che si possa aiutare, interveniamo, sempre occupandoci di bambini.

Ora che abbiamo davanti un quadro più preciso, qual è stata la genesi dell’Associazione? Come siete riusciti a sublimare la tristezza e verosimilmente la rabbia della perdita più grave in un’opera che fa dell’altruismo e dell’aiuto al prossimo i suoi cardini fondamentali?

Proprio da questa perdita e dal sostegno ricevuto in quel periodo ho capito che il sacrificio di Tommy non poteva perdersi, come è ben espresso nella frase che è un po’ il motto dell’Associazione: “Fate che il mio sacrificio non sia vano”.

Naturalmente non è stato sempre facile, e ci sono stati momenti di crisi in cui ho pensato di chiudere tutto. Tuttavia, nella sua drammaticità, questa storia è davvero riuscita a tirare fuori tutto il buono che ci poteva essere, ed è proprio questo che mi ha convinta ad andare avanti, perché, seppur nel nostro piccolo, riuscire ad aiutare e portare felicità a tanti bambini è qualcosa di impagabile. Io credo che, quando ti succedono cose più grandi di te, sia facile lasciarsi prendere dalla rabbia, dal rancore o addirittura dall’odio. Ciononostante, fin da quei tempi io non ho conosciuto quest’odio, e cerco sempre di far emergere il lato positivo anche dalle vicende più tragiche, perché a rimuginarci sopra abbandonandosi alla rabbia, non si può più vivere pienamente.

In questo modo sono riuscita a capire molto da questa esperienza, per quanto tragica, che mi ha così permesso di scoprire parti di me che neanche immaginavo di avere. Per esempio, ho riscoperto la Fede, ma più in generale sto crescendo continuamente.

L’onda di commozione che travolse l’Italia all’indomani del rapimento ha lasciato l’immagine indelebile di un intero Paese riunito nella solidarietà di fronte alla tragedia. Con la vostra Associazione, avete sposato questa solidarietà. Tuttavia, secondo la vostra percezione, siamo una nazione capace di far sentire la propria vicinanza solo nel momento del dolore, o in grado di dare il proprio contributo attivo anche dopo tanto tempo?

Diciamo che siamo una nazione spaccata a metà. Nel senso che la vicinanza continua da ormai diciassette anni, ma tante persone dopo il primo momento si sono perse. In questo senso, devo dire che purtroppo la città di Parma non risponde moltissimo in termini di beneficenza e associati.

Dalle persone alle istituzioni. De André cantava di uno Stato che “Si costerna, s’indigna, s’impegna // Poi getta la spugna con gran dignità”. Nel vostro caso, i tre responsabili del rapimento e dell’uccisione di Tommy sono stati condannati, ma poi hanno iniziato a godere di permessi premio e libertà lavorative. Quanto avete sentito la vicinanza dello Stato, nei momenti del rapimento, ma anche negli anni successivi?

Risposta difficile… Diciamo che più che dallo Stato ho ricevuto aiuto e vicinanza dalle istituzioni locali. A suo tempo, il Comune e tutte le istituzioni di Parma si fecero in quattro per aiutarci, e anche adesso nessuno ci dice di no se abbiamo bisogno. Ad essere sincera, parlando con altre persone che hanno subito delle tragedie, ho appreso che tutte si sentono abbandonate, ma io in questo senso mi sento una mosca bianca, perché oggi come allora percepisco una forte vicinanza.

Quanto ai responsabili, preferisco non entrare nel merito della giustizia e della legge, perché ci sarebbe da scrivere un libro… Capisco che in carcere i detenuti possano essere rieducati, studiare, imparare un lavoro… Ma ancora non mi capacito di come una persona condannata a tot anni possa godere di permessi premio e avere sconti della pena – altrimenti nei fatti l’ergastolo lo prendono le vittime più di chi ha commesso il reato. Mi limito a dire che più che in quella umana credo molto nella giustizia divina, davanti alla quale ognuno di noi dovrà fare i conti con sé stesso senza sconti per buona condotta.

Ora spostiamoci nel settore del giornalismo. Tragedie come quella di Tommy meritano di essere raccontate e non taciute. Allo stesso tempo, tuttavia, è facile cedere alla tentazione di scadere in racconto che sensazionalizzi un dramma umano per soddisfare un certo nostro gusto morboso. Qual è stata la vostra esperienza a questo riguardo?

Tragedie come quella che ho vissuto io meritano di essere raccontate. Nella mia storia ho incontrato giornalisti con un cuore che hanno riportato i fatti così com’erano, ma mi sono imbattuta anche in persone che volevano a tutti costi lo scoop e hanno finito per scrivere delle castronerie. Quando succedono certe tragedie a mio avviso è giusto che se ne parli, ma sempre considerando di mantenere il filo del discorso senza voler strafare ed esagerare con la cronaca.

A dire la verità, a un certo punto ero anche tentata di non rilasciare più interviste o dichiarazioni, perché è accaduto che sulle mie parole si sia ricamato tirandone fuori conclusioni dell’altro mondo. Poi ho realizzato che è importante non tacere, perché è giusto che si parli di vicende come questa, che, checché se ne dica, non è vero che non possano più accadere.

Per concludere, cosa si prospetta per il futuro dell’Associazione? Avete dei progetti o degli obiettivi per il 2023?

Per il futuro dell’Associazione, innanzitutto mi piacerebbe tantissimo che si riprendesse con la già citata “Corsa di Tommy”, che ci ha dato una grossa mano per aiutare chi aveva bisogno anche attraverso progetti importanti. Nelle passate edizioni abbiamo goduto del sostegno sostanziale dei ragazzi della società sportiva di Parma F70 Freesport. Come detto, dopo l’edizione del 2019 siamo stati bloccati dalla pandemia, e capisco che sia un evento piuttosto complicato e impegnativo da organizzare, ma spero che nel 2023 riusciremo a tornare, anche solo con una camminata se non si riuscisse per la corsa. Infatti, era un evento davvero magnifico, come mi hanno confidato moltissimi partecipanti. Un momento di sport in mezzo alla natura – il percorso era immerso nelle campagne di San Prospero – da condividere insieme in allegria, a dimostrare una volta di più come da una tragedia possa nascere qualcosa di buono e di bello.  

Inoltre, stiamo cercando di curare con più attenzione i nostri canali di promozione e aggiornamento sulle nostre attività, ovvero il nostro sito web e i profili su Facebook e Instagram. Tuttavia, quanto a volontari siamo ancora piuttosto pochi, e vorrei davvero che l’Associazione crescesse nel numero di associati, perché c’è tanto da fare, e soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo tanti bambini hanno molto bisogno di aiuto. Speriamo che con il ritorno alla normalità dopo questi anni di pandemia potremo tornare anche noi ad essere pienamente presenti e attivi.

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