70 anni dall’alluvione della Bassa Parmense: il disastro causato da due “rotte”

di Marco Belicchi Nei primi giorni del novembre 1951 il nord Italia venne colpito da…

di Marco Belicchi

Nei primi giorni del novembre 1951 il nord Italia venne colpito da piogge intense e persistenti che in val Padana raggiunsero l’apice tra il 6 e il 12, con valori medi di circa 30 millimetri di pioggia al giorno, con picchi molto superiori alla media mensile degli anni immediatamente precedenti. Poiché già il mese di ottobre era stato abbastanza piovoso, con conseguente saturazione dei terreni, una tale quantità di acqua determinò la piena di tutti i corsi d’acqua del bacino del Po, la cui crescita fu rapida a causa del progressivo contributo degli affluenti sia di destra che sinistra che determinarono, da Cremona a Pontelagoscuro (Fe), livelli idrici superiori di circa un metro rispetto alle piene precedenti, con il deflusso verso il mare era ostacolato da venti di Scirocco. Se proprio nei territori prossimi alla foce si consumò la più estesa alluvione del XX secolo in Italia che tutti ricordano come “il Polesine”, anche nella nostra “bassa” il grande fiume mostrò tutta la sua forza.

Prime ore del mattino del 14 novembre, in località “Chiavica del Bigone, comune di Mezzani, quasi in concomitanza con il transito del “colmo” (ovvero della massima portata) dell’onda di piena, si verifica la rottura dell’argine maestro per circa 150 metri a causa di uno dei più temibili fenomeni: il cosiddetto “sifonamento”, ovvero una filtrazione eccessiva di acqua all’interno del rilevato arginale che progressivamente ne provoca la rovina. In questo caso, la filtrazione ha interessato la zona in cui era inserita il manufatto della chiavica, che venne completamente distrutta dalla corrente che produsse nel suolo sabbioso un “gorgo” (ovvero uno scavo localizzato) del diametro di circa 80 metri, profondo 17 metri. A causa della “rotta arginale” le acque di Po si riversarono nelle campagne dei comuni di Mezzano Inferiore e Sorbolo, interessando anche gli abitati di Coenzo, Frassinara, Pizzolese, Colorno e sommergendo complessivamente circa 4000 ettari di terreno, al di sotto della quota idrica di allagamento a circa 28 metri sul livello medio del mare.

Ma quella del mattino, purtroppo, non è stata l’unica sciagura di quel giorno infausto per la nostra “bassa” poiché nel primo pomeriggio in località “Mezzano Rondani”, comune di Colorno, si verifica il cedimento di un altro tratto di argine maestro sempre a causa di un meccanismo di “sifonamento” attivatosi a causa della presenza di un “fontanazzo” (fenomeno di filtrazione localizzata che in genere interessa la parte di suolo al di sotto del rilevato arginale). In questo caso la breccia arginale lunga circa 80 metri determinò un “gorgo” del diametro di 100 metri, profondo 17 metri, e le acque fuoriuscite inondarono 1500 ettari in sponda sinistra del Torrente Parma e gli abitati di Mezzano Rondani, Copermio, Colorno, Sanguigna e Sacca

Si trattò di un evento calamitoso di enormi dimensioni, secondo per estensione solo all’immane disastro del Polesine, il cui primo effetto fu l’istituzione del Magistrato per il Po, organo tecnico dello Stato che per 50 anni si è occupato della gestione delle opere idrauliche e dell’alveo del fiume Po e di alcuni tratti dei suoi affluenti. L’alluvione del 1951 mise in evidenza la difficoltà di eseguire interventi sul complesso sistema difensivo padano tali da garantire la sicurezza assoluta dei territori minacciati dalle piene. Proprio in questo periodo, tra le varie opere esaminate per l’incremento della sicurezza idraulica, oltre al sovralzo ed al rafforzamento dei rilevati arginali di Po, si iniziò a valutare l’idea di realizzare degli invasi di laminazione sui maggiori affluenti emiliani per la riduzione delle portate di piena. Questo concetto della “laminazione delle piene” tramite specifici invasi (le cosiddette “casse di laminazione”) venne ripreso in modo più organico circa 20 anni dopo dalla “Commissione De Marchi” cui spettò il compito, svolto con mirabile accuratezza e lungimiranza, di delineare a livello nazionale gli interventi di sistemazione idraulica successivamente all’evento alluvionale del novembre 1966. Per avere una legge organica sulla difesa del suolo si dovette poi attendere altri vent’anni (Legge 183/89), oggi sostituita dalla Direttiva 2007/60/CE (c.d. Direttiva alluvioni) e dalla Direttiva 2000/60/CE (c.d. Direttiva acque), attraverso le quali si persegue sia la gestione del rischio di alluvione, sia la tutela delle risorse idriche. 

L’alluvione nelle parole di due protagonisti: un geometra del Genio Civile di Parma ed il Senatore Ferrari

Il geometra Michele Pastore, funzionario dell’Ufficio del Genio Civile di Parma, ricorda, attraverso una testimonianza quasi in presa diretta, immagini nitide di come vennero prestati i soccorsi, su un territorio molto vasto e con strutture tecniche e mezzi che inevitabilmente risentivano delle ristrettezze tipiche del periodo post bellico (tratto dagli Atti della Giornata di studio dell’Associazione Idrotecnica Italiana del 16 gennaio 2001 svoltasi a Parma).

L’ Ufficio del Genio Civile. Servizio Generale. da cui dipendevo (ero giunto a Parma l’anno prima), si trovava nel Palazzo della Riserva, ora sede del Museo Lombardi, edificio nel quale erano allocati il Circolo d’Ispezione del Po, l’Ufficio Idrografico  e la Sezione Autonoma del Po. Non dimentichiamo che da pochi anni era finita la guerra, la situazione economica era precaria e soprattutto gli uffici, il nostro ufficio in questo caso, risentivano di ciò, né era dotato di mezzi e attrezzature idonee. Comunque ricordo che tanti miei colleghi, purtroppo non più in vita, hanno partecipato più di me all’opera di soccorso e di aiuto agli abitanti delle zone allagate, altri collaboravano nella ricerca soprattutto di imprese e dei loro operai da inviare sul posto per i primi interventi. Nello stesso tempo venivano allertate le aziende affinché mettessero subito a disposizione sacchi, tendoni, pale, picconi ed altre attrezzature atte a rinforzare gli argini, isolare i fontanazzi pericolosi per la tenuta degli argini stessi.

Fu necessario, inoltre, approvvigionare prodotti alimentari da far giungere agli operai impegnati nei lavori di difesa e, a tal fine,  la sala archivio del nostro ufficio si riempì di pane, scatolette, formaggi, vino ecc. messi generosamente a disposizione da tante aziende e da privati. In sostanza ci fu una nobilissima mobilitazione generale e di tutti gli uffici, coordinati dalla Prefettura […] Ogni tecnico raggiungeva la zona assegnata per coordinare l’ opera degli operai, forniti dalle imprese, mentre i sindaci, per la loro parte, avevano mobilitato gli abitanti. Ci fu una gara contro il tempo che ha coinvolto tante persone che, col loro entusiasmo e abnegazione, hanno contribuito a salvare vite umane.

Io personalmente non so quanti viaggi ho fatto verso Sorbolo, Colorno, Mezzani con gli autisti dei camion per caricare e scaricare poi la merce in siti già individuati. Da quelli, natanti dei vigili del fuoco e della polizia raggiungevano le famiglie intrappolate dall’acqua, intanto salite al primo piano della loro casa, non abbandonata per paura degli sciacalli. A tal proposito ricordo che un mattino presto di quei giorni, unitamente al collega Cecchini e a un abitante del posto di nome Giovanni, eravamo intenti a sorvegliare la piena del Po e verificarne l’altezza quando udimmo delle invocazioni di aiuto che provenivano da una casa che appena si intravedeva nella nebbia, fortunatamente non fitta. Poco lontano Giovanni aveva ancorato una barca a remi abbastanza capace sulla quale salimmo dopo esserci dotati di bastoni per aiutarlo. Giovanni scrutò il fiume e ci indicò il punto in cui avremmo dovuto attraversarlo. Un brivido ci percosse al pensiero di affrontare un pericolo reale. ln effetti, sia pure con uno sforzo enorme, raggiungemmo la casa, non prima di avere fatto due giravolte nella piena, che solo la perizia di Giovanni e gli ordini che ci impartiva ci consentì di superare. Non posso dimenticare quei momenti. Però poi ci fu la soddisfazione di aver contribuito a portare aiuto e a tranquillizzare persone molto più sfortunate di noi. Fortunatamente dopo qualche minuto giunse una motobarca dei vigili del fuoco e, quindi, tutto finì bene.

Altro compito assegnatoci fu la ricerca dove parcheggiare gli animali, quelli che erano riusciti a salvarsi, ed accompagnare i proprietari e altri volontari che li sorvegliavano in zone ritenute sicure. E’ inutile sottolineare quanto impegno ci fu da parte di tutti, vigili del fuoco, soldati, carabinieri, forze di polizia, operai, imprese e anche noi dipendenti degli uffici. Si lavorava 18 – 20 ore al giorno perché la minaccia era reale e la situazione poteva precipitare da un momento all’altro“.

Il Senatore Ferrari, durante la seduta del 12 marzo 1952, presso il Senato della Repubblica, con argomentazioni puntuali ed accorate manifestava l’esigenza di estendere i sussidi riconosciuti solo al comune di Mezzani anche agli altri comuni alluvionati della bassa, “colmando una lacuna che si esprime con una evidente e dolorosa ingiustizia”. Si legge nel testo dell’interrogazione: “È opportuno fare presente quale è la situazione dei Comuni che ho citato nella mia interrogazione. Certamente il comune di Mezzani è il più colpito, perchè è stato allagato totalmente, e in esso l’acqua ha raggiunto un’altezza dai tre a i cinque metri. Ma altri nove Comuni sono stati allagati : Colorno, Sorbolo, Sissa, Torrile, Trecasali, Zibello, Roccabianca, Polesine, Parma (Delegazione di Cortile San Martino). 

Ora, io non so se la nostra stampa abbia dato sufficiente rilievo ai danni subiti dalla mia Provincia: e della cosa mi rendo conto quando considero quello che è avvenuto nella provincia di Rovigo. Però, nella classifica non lieta dei paesi colpiti, forse la provincia di Parma è quella che viene dopo la provincia di Rovigo. A Parma abbiamo avuto due grosse rotte dell’argine maestro, e due altre rotte fuori dell’argine; e, come conseguenza, un morto, allagamenti estesissimi, insabbiamenti voluminosi, gorghi con cave vaste e profonde per le quali si dovrà attendere ancora parecchio tempo perchè siano colmate. Abbiamo avuto numerose case danneggiate, di cui molte dichiarate inabitabili, e parecchie crollate. Abbiamo avuto un numero rilevante di bestiame annegato e una perdita enorme di masserizie, in particolare nelle case dei contadini e delle famiglie povere. Gli uffici del Genio civile e dell’Ispettorato dell’agricoltura hanno nel gennaio scorso fatto una valutazione approssimata dei danni: circa tre miliardi. Ma questi danni sono superati e verranno superati ancora andando avanti, perchè i danni alle case, per esempio, si rileveranno in modo definitivo in primavera e forse nell’estate. Abbiamo avuto 11.177 ettari di terreno allagato con metri d’altezza d’acqua. Il comune di Mezzani, incluso nei decreti, di questi 11.177 ettari, ne ha avuti allagati 2.574. La differenza di 8.603 ettari appartiene a Comuni non contemplati nelle disposizioni dei decreti ministeriali. Cioè abbiamo Colorno con 3.480 ettari (più del 70 per cento dell’estensione del Comune); Polesine con 659 ettari; Zibello con 781 ettari; Roccabianca con 830 ettari; Sissa e Trecasali con 905 ettari; Sorbolo con 1.005 ettari; Torrile con 560 ettari (sono tutti piccoli Comuni questi) e la Delegazione di Cortile San Martino del comune di Parma con 383 ettari.

Onorevole Camangi, sono dati ufficiali che ho preso dagli uffici del Genio civile e dall’Ispettorato dell’agricoltura. Abbiamo avuto in questi Comuni, escluso il comune di Mezzani, oltre 3.800 persone assistite (oltre 2.600 nel solo comune di Colorno) come previsto dalle disposizioni del Ministero dell’interno. Abbiamo avuto più di 250 case fortemente danneggiate e di queste, un buon numero crollate. Di fronte a questo panorama io non mi rendo conto dell’esclusione che è stata fatta. Non credo che siano mancate le informazioni dagli uffici locali, dalla Prefettura, dal Genio civile, dall’Ispettorato dell’agricoltura, perchè queste informazioni so, per constatazioni mie dirette, che sono state mandate. Abbiamo avuto anche una visita, dirò molto accurata, dell’onorevole Brusasca, fatta in tutta la zona dei Comuni alluvionati. Le informazioni al Ministero dei lavori pubblici, ripeto, non dovrebbero essere mancate. 

Allora io penso che realmente questa omissione sia stata, più che una lacuna, onorevole Camangi, una vera e propria ingiustizia nei confronti di questi Comuni ed in particolare del comune di Colorno che ha avuto oltre il 70% della sua estensione sommersa da alcuni metri d’acqua. Mi permetto chiedere se vi è la possibilità di rimediare a questa omissione, e prego il Ministro dei lavori pubblici di tenere in considerazione questo stato di cose per eventuali altri provvedimenti che saranno presi e, soprattutto, per provvedimenti che riguardano lavori che si devono e possono compiere e dei quali vi è tanto bisogno”.

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