Il fatto che il videogioco rappresenti oggi una forma espressiva apprezzata trasversalmente, in grado tanto di veicolare opere narrative come di essere impiegato con successo in ambiti lontani come didattica o cultura, non deve far dimenticare come la sua essenza sia riassumibile in un concetto abbastanza semplice: una forma ludica e di intrattenimento. È proprio questa sua origine che ne ha lungamente ostacolato, e talvolta continua a farlo, l’aspirazione a divenire un medium compiutamente paragonabile a film, fumetti o libri, e detta origine si riflette tutt’oggi in alcune sue caratteristiche intrinseche. Tra queste, una impossibile da abbandonare è la fondamentale distinzione tra un titolo per giocatore singolo e uno multigiocatore: separazione presente in ogni attività ludica mai esistita, dallo sport ai giochi di carte, il videogioco non fa eccezione. Il multiplayer, oggi pietra fondante di numerosi titoli videoludici, in una forma o nell’altra è sempre stato ben presente nell’evoluzione del videogioco, rappresentandone una componente competitiva mai sottovalutata.
Prima della diffusione del web, per esempio, i videogiochi erano molto limitati nel poter offrire competizioni in contemporanea; lungi dall’essere un ostacolo, tuttavia, tale limite si è trasformato presto in un semplice contrattempo da aggirare in diversi modi, primo fra tutti il concetto di classifica. Basti pensare ai vecchi e iconici cabinati arcade, protagonisti delle nostalgiche sale giochi e oggi in qualche locale di retrogaming: la competizione con amici era affidata a chi otteneva il miglior punteggio o il miglior tempo, traguardo immortalato in una classifica conservata nel titolo e che sanciva il migliore fra i contendenti.
I cabinati sono stati anche uno dei primi esempi di multiplayer reso possibile dall’hardware, ossia da particolari soluzioni fisiche nel supporto di gioco. Molti cabinati prevedevano un duplice sistema di input, per giocare contemporaneamente contro o insieme a un secondo utente: iconici i beat’em up, con entrambi i giocatori a schermo contemporaneamente. Una soluzione più diffusa invece è stata il sistema split screen: molti titoli da console casalinga consentivano l’utilizzo contemporaneo di più controller, permettendo sfide tra due giocatori attraverso la suddivisione dello schermo in differenti riquadri. Anche il videogaming portatile non è stato da meno, con Nintendo che ha introdotto il Game Link per la famiglia dei primi Game Boy: si trattava di un cavo per connettere due console con lo stesso gioco, spesso complementare come nel caso dei primi titoli Pokémon, e permettere a due giocatori di interagire tra di loro.
Naturalmente, oggi il multiplayer passa quasi esclusivamente attraverso la rete Internet, che ha reso possibile trasformare in videogioco anche passatempi del quotidiano. Emblematico il caso del poker: paragonabile in tutto e per tutto a un videogame nella sua versione online, i confronti che lo vedono protagonista sui siti come PokerStars possono contare su un sistema in tempo reale di chat, videochat, classifiche e altre informazioni utili a fornire un quadro generale riassuntivo di quanto accaduto nel corso della partita. Un discorso simile vale anche per scacchi, dama e così via, tutti caratterizzati da una lunga storia “fisica” e divenuti videogiochi grazie all’apporto della rete al multiplayer.
La rete, rafforzando il concetto di multiplayer e competizione, ha contestualmente permesso lo sviluppo di un’altra realtà oggi più che mai florida: quella dei tornei competitivi e degli eSport. A ben vedere, i tornei di videogiochi non sono esattamente dipendenti dalla rete. Chi si approcciava al videogaming negli anni ’90 ha inevitabilmente conosciuto i LAN party, eventi dove più persone giocavano contemporaneamente lo stesso titolo su diversi computer interconnessi tramite cavi in un sistema locale: Local Area Network in inglese, o LAN. La rete Internet ha fornito nuove potenzialità a tale sistema, ancora oggi amato, permettendo la nascita di tornei internazionali e soprattutto lo sviluppo del mondo degli eSport, vale a dire la pratica sportiva del videogioco. Un esempio che mette assieme i due profili può essere visto in Fortnite: titolo battle royale dal travolgente successo, nel 2019 si è tenuta la prima e per ora unica edizione del torneo mondiale, paragonato a un vero e proprio evento sportivo. A proposito di questi ultimi, sono sempre di più le realtà sportive che utilizzano titoli multiplayer per competere nei circuiti eSport: Formula Uno e calcio rappresentano discipline dove le competizioni elettroniche sono già ben avviate, dimostrando ancora una volta il ruolo fondamentale del multiplayer nell’intero panorama videoludico. Si tratta della più recente forma di un contesto competitivo che, di sicuro, avrà ancora un ruolo di primo piano.
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